RIFLESSIONI

Ho scritto queste note alcuni anni fa, quando mi occupavo ancora “professionalmente” di caccia africana. Penso tuttavia che alcuni concetti siano sempre validi ed ancora perfettamente attuali.

Che io abbia dedicato buona parte della mia vita alla caccia ( come ben sanno i 4 lettori che mi conoscono) non significa che io sia solamente andato a caccia molto.

Diceva il mio amico Riki ingegnere per formazione, cacciatore professionista durante tutta la vita per passione , tragicamente ucciso da un elefante “pazzo” qualche anno fa’: “ Nei miei 53 anni di vita, non sono mai uscito una singola volta nel bush senza meraviglia e senza apprendere qualcosa di nuovo”.

Ecco: le parole di Riki danno alla caccia il suo vero, profondo, irrinunziabile significato  senza il quale potremo chiamarla tiro, abbattimento, attività sportiva, procacciamento di cibo,quello che volete insomma, ma non caccia.

Almeno come io la intendo.

Rileggevo, alcuni giorni fa’, la “ Filosofia della caccia” di Ortega y Gasset, ammirandone e godendone, come non si può evitare, i profondi e nobilissimi concetti.

Tra le pagine,  mi sono imbattuto in un ritaglio d’epoca, con l’annuncio della scomparsa del Conte Paul Palfy, uno dei più alti interpreti della civiltà venatoria Europea.

Se non avete letto il suo “Mezzo secolo di Caccia” vi siete persi un’opera fondamentale per la valutazione e la conoscenza della miglior tradizione d’Europa e per la comprensione di quanta poesia, saggezza ed impegno vi possano essere nella caccia, anche la più semplice.

Sono letture che aiutano a capire come, di natura e caccia, si possa fare una ragione di Vita e di Pensiero, di Storia, di Tradizione, di Scuola per le generazioni future.

Tutto questo ha una sua nobiltà e profondità  direi quasi  “trasversale” , indipendente dal tipo di caccia praticata ed indipenente dal censo di chi la pratica.

In altre e chiare parole : se qualcuno, solo perchè dispone di molti quattrini, ha praticato molte cacce in giro per il mondo, anche le più costose ed “impegnative”, ottenendo magari trofei prestigiosi e rari, questo non  significa automaticamente che egli sia un grande cacciatore ed abbia capito spirito, tradizione e scienza dell’attività venatoria.

Chi con passione, tenacia, sacrificio e magari mezzi limitati pratica la natura, caccia con “scienza e coscienza” indipendentemente da ciò che caccia, fa della sua attività una ragione di arricchimento ed approfondimento continuo, questi è un grande cacciatore.

Senza  cultura, tradizione e comprensione,  intese nel senso più lato, il procurarsi prede o trofei ha ben poco a che vedere con la caccia, anzi, talora  non solo ne è la negazione, ma rappresenta, oltre che uno spettacolo grottesco, anche uno dei pericoli più gravi  per l’attività venatoria e certamente un elemento di grande discredito, oltre che di pessimo gusto.

Proprio ciò di cui non abbiamo bisogno, perchè sopratutto di immagine, di buona immagine, ha bisogno la caccia.

Ciò per contrastare le bugie e le diffamazioni degli anticaccia ma anche, occorre avere il coraggio di dirlo, per correggere la cattiva immagine che  spesso ha dato di se stessa la caccia ad opera di irresponsabili,  ignoranti, esibizionisti e politici che hanno sfruttato i voti di ingenui cacciatori per far carriera.

Mentre Ortega e Palfy  suggerivano meditazioni di questo tipo, mi cadeva l’occhio sul mio tavolo ove giaceva, non ancora cestinata, una pubblicazione di un club internazionale, riguardante premi e riconoscimenti “offerti” ai membri secondo il loro “merito venatorio”.

Non sò se sapete di cosa si tratta .

Cercherò comunque di spiegarvelo in poche parole :   vi sono innumerevoli categorie di riconoscimenti e premi relative ai trofei che potete vantare ad es.: “Cervi del mondo “,  ” Alci del mondo”, ” Bovini selvatici del mondo”,” Maiali selvatici del mondo “, ecc., ecc. Inoltre :  “Big five in Africa” ,”Animali del sud Pacifico”, ” Animali di caccia grossa europei ” e chi più ne ha più ne metta.

Se avete abbattuto un certo numero degli animali listati nelle categorie suddette, andate a medaglia, ma siccome bisogna accontentare molti clienti aspiranti alla gloria nonché paganti (perchè le medaglie, l’iscrizione dei trofei ecc., ve li pagate in dollari sonanti) non bastando più le tre classiche medaglie (bronzo, argento ed oro), potrete anche accedere a quella di rame se di animali ne avete pochini o niemtepopodimeno che a quella di diamante se i vostri quattrini ve ne hanno consentiti davvero molti.

Se poi avete più medaglie ( vi sono varie e diverse combinazioni possibili), vi consegnano (sempre a pagamento, s’intende) oggetti di vario tipo : piccoli obelischi su dorati piedestalli, “altarini ” sovrastati da statuette , targhe , anelli e “patacche” di ogni genere.

Una vera sagra del buon gusto !

Ma questo sarebbe nulla (perché ognuno si trastulla come vuole ed  il gusto è cosa personale) .

Se tutto ciò non andasse ad incidere sulla caccia, sui suoi principi e sulla sua essenza stessa si potrebbe sorriderne e tirare diritto.

Il guaio è che la faccenda, impostata in questo modo, porta direttmente ad un’equazione semplice: più quattrini ho da investire in caccia, più ne ho da esibire al mondo,  più sono un grande cacciatore………

(Si intenda bene: io non ho assolutamente nulla contro i quattrini e chi ne ha onestamente guadagnati molti.)

A dimostrazione di quanto appena affermato, si tenga presente che alcune delle specie listate nelle categorie a premio, vivono oggi solo allevate in farms o introdotte in aree estranee a quelle originali !

Per fare  un esempio , nella categoria “CERVI EUROPEI “, sono listati anche il “Manchurian sika deer”, il” Japanese sika deer”,”Water deer”, “Muntjac”, “Hog deer”, “Cervo di Padre David”, tutte specie assolutamente estranee all’Europa e che  sono allevate solo in parchi e recinti ove , se li volete , li potete abbattere a caro prezzo e con un impegno venatorio che è facilmente immaginabile.

La più bella classifica però e quella degli : “INTRODUCED TROPHY ANIMALS OF NORTH AMERICA”, in cui compaiono ben sessanta specie tra cui : addax, bongo, waterbuck, tur, urial, sitatunga , eland, bisonte europeo, yak ………….

Non occorre dire che animali, provenienti dalle più diverse parti del mondo, sono allevati in farm e fatti sparare,  contro qualche migliaio di dollari,  secondo specie e dimensioni del trofeo !

Come si può pensare che tutto ciò possa chiamarsi caccia ?

La caccia implica, pena non essere più se stessa, una profonda cultura e conoscenza di specie, ambienti, metodi e aspetti naturalistici.

Girare armati in recinti, grandi fin che si vuole, dove convivono ( direi quasi sono lanciati) animali di differenti specie provenienti dalle più disparate aree del pianeta,  ed abbattere dei capi non mi pare sia caccia.

Intendiamoci bene anche qui : non ritengo vi sia nulla di illegale in tutto questo, ne di partricolarmente crudele né di dannoso per la natura. Si tratta di un business, un tipo particolare di allevamento, chiamatelo come più vi aggrada, ma non parlate di caccia, per cartà.

Dare dei premi, creare classifiche, fare show di queste cose non può che squalificare e danneggiare il mondo della caccia che tanto amiamo.

Si assiste inoltre, e lo scopo è evidente, ad una eccezionale proliferazione di sottospecie in tutti i continenti.

Mi pare che non occorra sottolineare che il fondamento scentifico non è la caratteristica peculiare  di queste suddivisioni. Il fatto di creare nuove graduatorie, occasioni di medaglie e premi invece, non c’è bisogno di sottolinearlo.

Aggiungete, come ciliegina, che su alcune riviste americane si leggono pubblicità che, in sostanza, suonano così :”Venite a cacciare nella nostra “farm” di tot ettari, la selezionata discendenza genetica degli animali e l’alimentazione speciale vi garantiscono trofei oltre tot punti della tal classifica del tal club”  .

Vi sono farms che dichiarano che, ad esempio, che i  wapiti presenti sono frutto di inseminazione artificiale delle femmine con seme di famosi ed enormi maschi ; i rampolli di tale progenie sono poi ipernutriti, ipervitaminizzati, iperormonizzati e presentano trofei (vorrei ben vedere!) smisurati che voi, accedendo ai  recinti ove vivono, potrete aver l’onore di abbattere  con  grande impegno e coinvolgimento del vostro……conto corrente.

Più pago più ottengo grandi trofei; più grandi trofei ho più sono bravo ed abile cacciatore e più sono gratificato con premi, medaglie , encomi ecc. Torna l’equazione danaro/caccia.

Muore la cultura, muore l’educazione, muore la conoscenza.

E poiché una cosa tira l’altra,  per poter esibire trofei ( quindi soldi, posizione , medaglie,  ecc.) si impiegano talora metodi di caccia assolutamente inammissibili : si spara ai camosci ed ad altri animali di montagna dall’elicottero ( non in Europa, grazie a Dio), alle antilopi rigorosamente dalla macchina magari col rest sul cofano,  si stà comodamente nei campi dando ordine al professionista di  procurare i trofei delle tali specie e delle tali misure, mentre si è intenti a ben altri……. trofei , si comprano trofei, e via discorrendo (fortunatamente questa non è la regola, ma nessuno tenti di smentirmi perchè sono tutte cose che ho visto con i miei occhi).

Non parliamo poi di chi fa “inserti” nei propri trofei per aumentarne le dimensioni………

Ho capito, e ci vuole poco, che tutto ciò è la manifestazione di un “business” enorme impiantato in assenza di cultura, sensibilità e tradizione, ma ciò significa, secondo il mio metro una sola cosa :  che la caccia vera muore.

Ed il “meglio” è che , lungi dal lasciare certe cose al di là dell’oceano ( dove tradizione, cultura, buon gusto non sonoi certo i nostri), abbiamo epigoni anche al di qua, che vorrebbero importare usi e costumi  e poter, anche da noi,  autogratificarsi ed autopremiarsi a spese di ciò che chiamano “caccia”.

Come piccolo esempio di costume venatorio,avete per caso dato uno sguardo a certe foto ?

Trionfanti nembrotti mimetizzati, usualmente con cappello o berretto ben calcato in testa, spesso seduti sulla preda abbrancata per corna od orecchie, feroci ghigni di trionfo, artiglieria pesante in primissimo piano.

Ed i discorsi ?

Io, per dovere “professionale” di discorsi ne sento tanti: belli o sgradevoli, saggi o demenziali ma una certa categoria di gente, relazionandovi su di una caccia, dice : ” Ho tirato un sable da tot pollici” ,”ho tirato un leopardo da tot chili”, “ho fatto un eland  della tal misura ” oppure ” sono al  mio  x-esimo bufalo” , “in quella zona solo elefantini, ho dovuto tirare un 45 libbre ” il tutto detto con apparente indifferenza, ma con una ruota da far impallidire il re dei pavoni

Raro sentir dire “zona meravigliosa, emozioni e sensazioni intense, caccia sportiva ed impegnativa, natura suggestiva ed impressionante, gestione del territorio valida, la natura mi ha ancora una volta insegnato qualcosa di nuovo”………………….

La Natura , veramente, non la si sente mai nominare.

Tutto si risolve in uno sparo, una misura, una foto trionfalistica e, se poi appena possibile, una medaglia ed un “defilè” alle varie riunioni, pardon: conventions……..

Vi sono poi anche implicazioni strettamente pratiche nel diffondersi di mentalità e costumi simili ; le prime negative ripercussioni sono sui prezzi : e non è solo una questione di avere o non avere il dollaro. Quel che è paggio, divenedo la caccia uno “status simbol”,  si afferma la regola che più si spende e meglio è. 

Organizzatori e venditori  hanno subito recepito!

Il risultato è che molta caccia, per appassionati  “medio-normali “soprattutto europei, stà andando fuori portata.

E sarà sempre peggio se leggo, su di un notiziario dello stesso Club che, in occasione della recente riapertura di alcune aree in Croazia, erano presenti 5 ex presidenti che tra l’altro hanno discusso con le autorità locali anche di “conservazione in Europa”.

Val solo la pena di ricordare che la conservazione attraverso la caccia è una consuetudine tutta europea e  che, affonda le radici nella mittelEuropa dei tempi in cui, da loro, la gestione del bisonte  era quella che ben conosciamo.

Grazie signori, sappiamo fare da soli.

Sulla base di queste, ahimè, tristi meditazioni, avverto l’inconciliabilità del contrasto  tra due mondi diversi ed opposti per stile e qualità: l’uno frutto di plurisecolari tradizioni, di cosciente e saggia gestione dei territori, di amore disinteressato per la natura, di moderazione e buon gusto; l’altro di uno stile di vita “ new money” di chiara importazione, di apparenza, di scarso interesse per la natura, di ignoranza e grossolanità.

Ciò mi ha scatenato dentro una profonda tristezza ed un moto di totale ribellione, di feroce intolleranza di voglia di difendere la Caccia con la C grande, quella vera, impegnativa, etica, cosciente e conoscente, ricca di esaltanti tradizioni che sono soprattutto nostre : Europee.

Non sò se sia utile difendere la caccia “vera”, e certamente se lo si fà in pochi non servirà a molto,  ma perchè non proviamo a farlo in tanti ?

La nostra passione, il nostro coinvolgimento, le nostre conoscenze, dovrebbero spingerci ad unirci, superando individualismi e preconcetti, a prendere l’iniziativa perchè la caccia non muoia.

Se l’immagine della caccia la lasciamo in certe mani,  non abbiamo speranze.

Se faremo capire quanto la caccia vera sia conoscenza, gestione, protezione, conservazione, amore per la natura, nobile tradizione, allora potremo difenderci a testa alta, essere accettati da tutti, avere prospettive incoraggianti.

Nel suo piccolo, anche la nostra Associazione lavora per questo.

Michelangelo

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