ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLE METODOLOGIE D’ESAME PER L’ABILITAZIONE ALLA CACCIA DI SELEZIONE.
Abbiamo recentemente assistito ad una sessione d’esame per Selecacciatori, verificando come la parte orale vertesse quasi esclusivamente sulla valutazione di molte mandibole e qualche trofeo.Inoltre l’esaminatore chiedeva di dare una età precisa alla mandibola.
Come Accademia Veneta abbiamo sostenuto che un siffatto metodo d’esame è anacronistico e profondamente sbagliato. Le ragioni sono evidenti: quando osservo la mandibola l’animale è morto e se ho commesso un errore non c’è rimedio.
Inoltre la commissione d’esame chiedendo, come si dice, di dare età precise alle mandibole commette un grave errore di ignoranza: citiamo da ISPRA:
Le trasformazioni subite dalla dentatura a causa dell’usura sono correlate con il comportamento alimentare e la dieta (Solounias et al. 1994) ne consegue che popolazioni che vivono in differenti aree geografiche, caratterizzate da risorse alimentari, suolo e clima diversi, mostrano una variazione intraspecifica nel tasso di usura.
La variabilità tra popolazioni nel tasso di usura è attribuibile non solo alla qualità dell’habitat, ma anche al livello di competizione per l’accesso alle risorse.
Variazioni nella mineralizzazione dello smalto (Kierdorf e Becher 1997), influenzando fortemente il tasso di usura dei denti e diversificando il pattern di usura di ciascuna popolazione.
Un ruolo rilevante è rivestito anche dalla variabilità genetica.
Hewison e collaboratori (1999) hanno condotto un test su 10 osservatori di diversa esperienza per la valutazione dell’età di un campione di mandibole di Capriolo di età nota. I risultati hanno mostrato significative differenze tra gli osservatori nell’interpretazione dell’usura e la tendenza a sovrastimare gli individui più giovani e sottostimare i più vecchi.
Godawa (1989), confrontando i risultati ottenuti valutando l’età di maschi di Cervo (n=107) tramite esame dell’usura della dentatura con quelli derivanti dal conteggio degli strati di cemento (§ 2.5.2), ha evidenziato che l’età è stata correttamente stimata solo nel 22% dei casi, nei restanti è stata sovra- (66%) oppure sottostimata (12 %).
La relazione dentatura-tempo non è lineare per cui la valutazione dell’età, qualunque sia la tecnica adottata, può essere vista come un percorso a ostacoli in cui la variabilità generata da molteplici fattori pregiudica l’attendibilità dei risultati.
(Strano che qualche commissario non conosca i testi ISPRA)
Quanto all’attribuzione di una precisa età, abbiamo visto come ciò sia (senza approfondite analisi di laboratorio) praticamente impossibile rendendo l’espressione “circa” o ad es. “da 4 a 5 anni”, perfettamente legittime e corrette.
Ne consegue che, data l’impossibilità di definire con esattezza l’età di un esemplare dall’esame della mandibola, il cacciatore di selezione dovrà poter valutare una mandibola secondo i seguenti parametri: animale dell’anno, animale subadulto, animale adulto o maturo. Questi parametri saranno più che sufficienti.
Tornando all’osservazione che, quando ho in mano la mandibola, l’animale è morto e non si può più rimediare ad eventuali errori di prelievo possiamo affermare che gli errori si possono invece limitare se il selecacciatore sa valutare con la maggior precisione possibile l’animale vivo che ha difronte sul terreno di caccia, prendendo in considerazione molti parametri dell’aspetto e del comportamento dei selvatici, parametri ai quali, alcune commissioni, sembrano dare molta minor importanza rispetto alla valutazione delle mandibole.
Nei nostri corsi spendiamo molte ore nella dettagliata descrizione di tali parametri, suffragata dalla proiezione di centinaia di foto di soggetti di diverse età e sesso, per tutte le specie oggetto di selezione e da uscite sul territorio. Questo pare che, in alcune commissioni, interessi molto meno e poiché non sempre i commissari sono cacciatori di selezione di vasta esperienza, nasce il sospetto che la conoscenza di questo aspetto sia piuttosto scarsa. Ci pare chiaro, invece, che domande su tali tematiche dovrebbero essere il nucleo qualificante dell’esame.
In pratica ci piacerebbe sentire sostituita la domanda : “quanti anni aveva il possessore di questa mandibola” con un’altra domanda:” “quando su di un prato hai davanti un animale, da quali caratteristiche ed atteggiamenti puoi tentare di valutarlo ?” oppure: “ secondo te come si può valutare l’animale che vedi in questa slide?”
Questo, fondamento imprescindibile della selezione, non si fa o si fa pochissimo.
Ma, purtroppo, abbiamo potuto osservare anche altre gravi carenze nelle prove d’esame:
Nessuna domanda su armi, munizioni ottiche e balistica, su energia e penetrazione, sulle differenti strutture dei proiettili, sulle attrezzature o sulle ottiche, in definitiva, più adatte ad abbattimenti puliti, istantanei ed etici.
Noi insistiamo su queste nozioni perché il mercato è vastissimo ed il Selecacciatore deve essere in grado di orientarsi con sicurezza.
Ed ancora più grave: nessuna domanda sull’anatomia degli animali in riferimento al tiro, sulle reazioni al tiro per valutarne gli effetti, nessuna domanda sui segni rilevabili sull’anshuss, su quando sia conveniente usufruire del cane da traccia, ecc. ecc.
Penso sia chiaro a tutti quanto siano importanti queste conoscenze per un selecacciatore. Mi nasce il fondato sospetto che l’assenza di tali temi sia dovuta, anche essa, a scarsa conoscenza degli argomenti da parte di alcuni commissari.
Proprio in considerazione di quanto osservato in una lunga esperienza, noi avevamo proposto che la commissione d’esame, sotto attento controllo di un funzionario regionale competente, fosse formata dai docenti del corso, tutte persone estremamente qualificate, laureate e con curricula ineccepibili. Si aggiunga inoltre che tale commissione sarebbe stata a costo zero per la Regione.
Naturalmente questa proposta è stata respinta con sdegno per questioni, si è detto, di conflitto d’interessi…….. Lascio al lettore ogni valutazione.
Nasce il forte sospetto, che spero vivamente resti tale, che le commissioni siano formate non al merito scientifico e d’esperienza ma a quello di politica spicciola. Che tristezza sarebbe per il futuro della buona gestione.
Resta comunque una evidenza incontrovertibile: a fronte di corsi come i nostri, corsi che vanno molto al di là anche delle raccomandazioni ISPRA per durata, approfondimenti, qualità e diversificazione dell’insegnamento, dovrebbero esserci commissioni competenti, aggiornate, elastiche e disponibili. Spes ultima dea….
Michelangelo
Chi scrive è in possesso di laurea, è stato cofondatore di “Associazione Selecacciatori Veronesi” e di “Accademia Veneta di gestione faunistica”, ha 64 licenze di caccia dedicate quasi tutte alla caccia maggiore ed ha organizzato corsi per Selecacciatori a far data dal 2002. All’estero, ad esempio in Sudafrica, ha partecipato a progetti di sviluppo di aree protette lavorando in collaborazione con le maggiori compagnie di caccia, con ecologisti e con L’Università di Pretoria (Prof. Jeremy Anderson). Pensa di aver accumulato una certa esperienza e quindi di poter formulare fondate critiche a chi certamente di esperienze ne ha meno. Ha inoltre la fortuna di potersi consultare con alcuni dei maggiori esperti di fauna selvatica d’Italia e di condividere con loro molte posizioni, come quelle espresse sopra.
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