Le montagne Southspansberg in Sudafrica, regno dei leopardi
Il leopardo: una delle più affascinanti creature che Natura abbia inventato ed una delle più efficienti macchine per uccidere e sopravvivere.
Una delle prede più difficili da cacciare.
Vive dappertutto, in quasi ogni tipo di habitat ma, a parte qualche parco ove è tranquillo ed abituato agli umani, non lo vedete quasi mai. La sua presenza elusiva e misteriosa vi viene rivelata, se le sapete leggere, solo dalle sue tracce su qualche tratto di terreno sabbioso o umido, sul bordo delle piste che volentieri percorre nei suoi spostamenti quasi esclusivamente notturni o crepuscolari, dalle unghiate sui tronchi ove suole mettere al sicuro le sue prede. Vive persino nei grandi parchi e giardini alla periferia delle città, come nelle immediate vicinanze delle farm. Di notte vi transita accanto al campo e dalla vostra branda ne potete sentire il rauco respiro ed il brontolio. Se avete un cane con voi, tenetevelo vicino od il leopardo ve lo verrà a prendere appena fuori dalla tenda o sul ballatoio della farm.
Cacciavamo, una volta, ben all’interno di una enorme palude e chi mi faceva da guida sosteneva che lì leopardi non se ne vedevano. Poche ore dopo, scostando un fascio di papiri per farmi strada, su di una zolla fangosa emergente dall’acqua, individuai una enorme traccia di maschio.
Scattai questa foto nelle vicinanze della mia farm
Ma le zone fratte, rocciose e collinose, con vegetazione fitta ed intricata, solcate da canali e valloni che si affacciano sulle pianure sono il vero regno dei leopardi che amano, durante il giorno, starsene in alto, accanto al rifugio scelto, a controllare il loro dominio e, quando cala la sera, le ombre si allungano e la notte invade con il suo inquietante mistero le valli e le fratte, iniziano la loro caccia.
Ed è proprio in queste zone che, individuato un buon punto, si può preparagli l’insidia di un bait o esca, supposta, o meglio individuata dalle tracce, la presenza del felino.
Perché la caccia notturna sull’esca al leopardo, proprio per il suo fascino e la sua emozione, per le ancestrali sensazioni che vi regala, è la sola caccia con questo sistema di inganno che io ammetta.
Il procedimento, di per se, non è complicato ma occorre saper molto bene come fare perché questa splendida creatura è estremamente guardinga e sospettosa ed ha sensi sviluppatissimi.
Se in qualche valletta o fratta o nelle immediate vicinanze della base di un’ altura individuate un albero robusto con un tronco pulito e ben visibile, che presenti un grosso ramo orizzontale od una ben ampia forcella a qualche metro dal suolo, se i dintorni sono ben protetti e coperti per permettere alla fiera un avvicinamento sicuro, potete cominciare da qui.
Innanzitutto occorre procurarsi una preda che sarà tanto più efficace quanto più apparterrà alle specie usualmente cacciate dal maculato.
Se nella zona vi sono impala e facoceri avrete l’esca ideale, funzionano anche duikers ad altre piccole antilopi. Dicono che anche i babbuini vadano bene, sebbene io non abbia mai veduto venire un leopardo su tale esca.
Il procedimento può sembrare cruento e crudele, ma è l’unica via per una buon “leopard bait”. Rientra in quelle leggi della predazione, di cui anche la caccia fa parte, che possono parere, a prima vista, sanguinarie e “cattive” ma che mutuano i loro metodi dall’eterna legge della sopravvivenza che regola e corona la vita di madre natura.
Se siete particolarmente sensibili, saltate le prossime righe.
Poniamo che qualcuno al campo, per trofeo o carne, abbia abbattuto un impala od un facocero. L’animale va trasportato nella zona ove si intende porre l’esca e, dopo avergli praticato un taglio sul ventre, viene trascinato a lungo attorno, in modo da lasciare una forte traccia olfattiva che il nostro, una volta intercettatala nei suoi spostamenti, potrà seguire agevolmente.
Si ritorna infine in vista dell’albero prescelto e qui, con delle corde e cercando ti toccare l’esca il meno possibile, l’animale viene issato sul ramo prescelto e vi viene assicurato con forte filo di ferro, per impedire che il gattone se lo porti in altro luogo e costringerlo a prendere il suo pasto dove abbiamo stabilito.
Una volta fissata le carcassa al ramo ( meglio appesa appena sotto per impegnare di più il felino e tenerlo in loco più a lungo per dover tirarsela su con gli artigli), chi ha effettuato l’operazione, dovrà arretrare lungo il ramo cancellando il proprio odore con lo strofinare parte del pacco intestinale della esca sul tronco. Giunto a terra farà lo stesso con la parte verticale del tronco, fino a toccare il suolo.
Aggirarsi attorno all’esca il meno possibile, non fare pipì nelle vicinanze ed altre precauzioni simili si rivelano essenziali. Il bait è pronto.
Anche questa foto fu scattata nello stesso luogo
Occorre ora pensare al blind, ovvero al piccolo nascondiglio in cui il cacciatore attenderà la preda.
A non più di una cinquantina di metri dall’esca, si dovrà cercare un luogo adatto che dovrà essere ben in vista del ramo con la carcassa ed offrire la possibilità di mimetizzarsi con un piccolo riparo di paglia o fogliame. Per quanto piccolo, il blind dovrà offrire una certa comodità per due persone, ciò in ragione anche della lunga attesa, talora molte ore, che chi insidia il felino dovrà sostenere senza una eccessiva scomodità che costringa a qualche movimento. Va da sé che immobilità e silenzio sono fattori essenziali. Altra cosa da non dimenticare è un buon bastone orizzontale ben saldo, ove il cacciatore possa appoggiare l’arma con sicurezza.
Lo so che quaranta o cinquanta metri non sono molto, ma non potete immaginare le emozioni e la febbre di caccia che la situazione scatena. Essenziale è lo studio della brezza che, nelle ore dell’attesa, deve spirare dall’esca verso il blind. Dove vi sono alture, il fenomeno della alternanza di brezza di monte e di valle aiuta molto.
Ora ci si può allontanare, per tornare a controllare nelle ore centrali della giornata successiva, se il nostro gattone, spinto dalla gola, ha accettato l’esca.
Meglio farlo da lontano col binocolo o, se proprio vogliamo controllare di che animale si tratti, mandare un solo uomo che ci sappia fare a leggere le tracce. Qualcuno aspetta a costruire il blind dopo che il felino ha accettato l’esca, non sono d’accordo perché è essenziale che, dopo la prima visita dell’animale, l’ambiente non mostri alcun mutamento.
Se, con nostra grande gioia ed eccitazione, il leopardo avrà mangiato parte dell’esca, vi saranno buone possibilità che, la sera successiva, ritorni a completare l’opera.
Ma occorre essere anche preparati alle più cocenti delusioni. A volte il bait non viene toccato per giorni, a volte il nostro non torna, a volte torna dopo che ce ne siamo andati……… in sintesi: sedere nel blind non vuol dire automaticamente che tireremo al leopardo.
Nei maggiori paesi di caccia grossa, l’attesa durante le ore notturne è vietata: caccerete fino a buio e, se vorrete, riproverete all’alba.
In Sud Africa e Namibia invece, paesi di tradizionale allevamento di bestiame domestico, è possibile insidiare leopardi per tutta la notte, aiutandosi per il tiro con un faro.
Un posto perfetto per tendere l’esca
Vi sono due sistemi per impiegare una fonte di luce : il primo, un forte faro da accendere quando si è sicuri che il felino è sull’esca, Illumina bene ma vi dà un paio di secondi per sparare; il secondo ve lo descrivo in seguito. In ogni caso, cercate di tirare bene. Avere a che fare con artigli di leopardo nel buio e faccenda da evitare accuratamente. E lasciare una così agognata preda per ore col rischio che le iene la trovino prima di voi, ancor di più.
In questi casi, comunque, un fucile liscio con 9 0 12 pallettoni può essere una mano santa.
Questo leopardo doveva avere davvero fame per venire all’esca ancora in piena luce, solo foto e niente fucile. A volte è meglio
Incontrare un leopardo all’aperto, in piena luce e riuscire a sparargli è tanto improbabile che a me, ed un po’ di tempo in Africa l’ho passato, è capitato una sola volta.
Uno dei miei maggiori desideri era di condividere con mio Figlio l’emozione dell’attesa notturna al leopardo.
Quando Federico ebbe una decina di anni, in occasione di un periodo di caccia sulle Southpansberg mountains, vero regno dei grossi “tom”, si presentò l’occasione propizia.
E quella notte il leopardo venne.
Michelangelo
Un Boy intento a posizionare l’esca