UNA CACCIA AFFASCINANTE

Un gruppetto di Sable nella savana-miombo di Sichifulo, in Zambia

E’ una vecchia disputa tra i cacciatori: se il più bel trofeo sia quello del kudu o quello del sable, o antilope nera. Non so come la pensiate voi, ma per me sono ambedue un miracolo della natura.

Nell’allora Rodhesia, non lontano da Victoria falls, nell’area nota come Matetsi, non si poteva certo dire che i sable scarseggiassero.

Gruppi di questi animali rappresentavano un incontro quotidiano e trofei di grandi dimensioni erano piuttosto frequenti.

Alti ed eleganti, col mantello nero lucido e le incredibili corna a scimitarra, sono certo tra le più belle creature d’Africa.

Ovvio che io, ultimo arrivato e con ancora tanto da imparare, desiderassi intensamente uno di questi grandi trofei.

Il mio primo incontro ravvicinato con queste antilopi non finì in modo molto glorioso.

Su di una piana aperta scorgemmo, un mattino, due grandi maschi. Chi mi accompagnava, osservatili a lungo col binocolo, mi disse concitatamente che quello a destra aveva un trofeo assolutamente eccezionale, come raramente gli era capitato di vedere.

Presi dalla febbre di caccia, decidemmo di tentare un avvicinamento.

I due animali intanto si erano spostati, portandosi dietro un boschetto di alberi e cespugli e sparendo alla nostra vista.

Non si erano certo accorti di noi, il vento ci spirava in faccia, così partimmo a passo di corsa con l’intenzione di raggiungere il boschetto, penetrarvi silenziosamente e cercare di portarci a tiro. Giunti ansanti ai primi alberi, ci addentrammo lentamente cercando di non produrre rumori.

Non avevamo ancora del tutto attraversato il folto che, tra gli ultimi alberi, vedemmo gli agognati animali. Non erano a più di centocinquanta metri e parevano del tutto tranquilli.

Un alberello inclinato mi offriva un ottimo appoggio.

Dell’animale, tra la vegetazione vedevo, eccetto le zampe, tutto il corpo.

Mi prese una febbre di caccia indescrivibile.

Tremavo tutto e non potevo decidermi a sparare.

L’amico, in sintesi, mi disse di non fare l’idiota, che un sable così non l’avrei visto più e che le condizioni di tiro erano eccellenti.

Ma la mia agitazione non ne fu certo diminuita. Tirai il grilletto quasi per placare l’emozione.

Bum! Da terra, a destra e dietro alla vittima designata, si levò una nuvola di polvere.

I sables restarono un attimo immobili e poi saettarono via scomparendo alla nostra vista.

Avevo chiaramente, per un’emozione che, purtroppo, oggi non provo più, platealmente padellato.

Ciò che disse l’amico non era per caste orecchie e non contribuì certo a risollevarmi il morale.

Ma non va sempre così.

L’emozione si impara a dominarla, e si imparano molte altre cose vivendo nel bush.

  In un pomeriggio di un giorno di luglio di quasi cinquanta anni fa, per­correvo, tornando verso casa, la riva di un fiumiciattolo lim­pido e sassoso che, tributario del Matet­si, si snodava attraverso la splendida farm nella quale ri­siedevo.

Pensavo ai casi miei e, godendo delle meraviglie che mi circondavano e del futuro che ai giovani, grazie a Dio, sembra sempre splendido; ero rilassato e non molto attento.

 D’improvviso, dall’acqua ove stava bevendo a poche decine  di  metri  da  me, si  staccò un enorme, solitario maschio di sable dall’impressionante trofeo.

Trasa­lii e tolsi il fucile dalla spalla, anche se ero certo di vederlo scomparire in bre­ve tra i mopane della riva opposta, più alta e scoscesa.

Il maschio invece, do­po una breve corsa, si fermò a metà scarpata in perfetta vista guardandomi, fiero e maestoso, dritto negli occhi a meno di 100 metri da me.

 Conti­nuò a guardarmi senza batter ciglio fin­ché la palla del mio 375, raggiungen­dolo al collo, lo fece stramazzare dov’era.

L’immagine di tanta bellezza e fierezza è rimasta impressa come una stupenda fotografia nella mia mente e forse oggi, più vecchio e “civile”, mi impedirebbe di cancellarne l’originale tirando il grilletto.

Michelangelo

Note informative:  Il SABLE (hippotragus niger)

Un meraviglioso maschio nel suo habitat preferito

E’ davvero un ‘ antilope imponente e meravigliosa con un aspetto forte e fiero. La sua altezza al garrese può superare 1,30 m. ed il suo peso raggiunge non di rado i 250 kg.

Il colore dei maschi è nero brillante, in notevole contrasto con le parti inferiori bianchissime. Il muso presenta una maschera con strisce bianche che ricorda vagamente il camoscio. Le femmine, anch’esse provviste di corna, hanno dimensioni leggermente inferiori ed un colore marrone brillante.

Una folta criniera si estende dal collo fino all’ inizio del dorso.

Assolutamente stupefacenti sono le corna, anellate, lunghissime e curvate a scimitarra che possono raggiungere lunghezze di oltre 1,50 m.

Se ne riconosce una sottospecie: il Sable gigante in una limitata area dell’Angola. Più grande del Sable comune e con corna notevolmente maggiori.

Si dubitava della sua estinzione data la lunghissima guerra che ha devastato per decenni queste regioni. Una recente spedizione di ricerca promossa da S.C.I. ha invece e fortunatamente potuto accertare la sopravvivenza di un piccolo nucleo di tali animali che sono ora integralmente protetti.

Sono animali pascolatori che assumono vari tipi di erbe e solo a volte brucano anche foglie.

Vivono in branchi che possono arrivare ad una ventina di capi, guidati da un maschio dominante.

Prediligono zone asciutte di savana o miombo, mai molto lontano dall’acqua.

La caccia a questa specie non è facile essendo animali molto vigili e vivendo in aree abbastanza aperte. Sono anche molto resistenti ai colpi e calibri dai 7mm. in su con buona energia e penetrazione sono i più adatti. Conoscere l’anatomia dell’animale e tirare con precisione può evitare lunghissimi inseguimenti o la perdita della preda.

Quando il Sable è a terra, prima di avvicinarvi, siate ben sicuri che sia morto.

Quelle meravigliose corna, che anche il leone teme, possono facilmente uccidere un uomo.

M.

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